Milano, al PAC arriva il Trasporto eccezionale di Eva Marisaldi

18 Dic 2018 Stampa

Il PAC |Padiglione d’Arte Contemporanea riapre il 18 dicembre al pubblico con la personale di Eva Marisaldi, tra le artiste più rilevanti della generazione nata negli anni Sessanta. Il PAC ha scelto infatti di dedicarle una delle linee di ricerca della sua programmazione annuale: la promozione e la valorizzazione dell’Arte Contemporanea italiana. Il progetto espositivo è in programma fino al 3 febbraio 2019. Promossa da Comune di Milano – Cultura e prodotta dal PAC con Silvana Editoriale, la mostra è curata da Diego Sileo e aggiunge un’ulteriore tappa alla ricerca dell’artista con una nuova riflessione che parte dai suoi primi anni di produzione e arriva fino ai giorni nostri, attraverso un’ampia selezione di lavori passati e con la creazione di nuove opere pensate appositamente per gli spazi del PAC. Fotografie, azioni, performance, video, animazioni e installazioni, alternati a tecniche più tradizionali e artigianali come il disegno e il ricamo.

Le opere di Eva Marisaldi sono caratterizzate da una lirica vena narrativa e la sua ricerca prende spunto dalla quotidianità, indagandone gli aspetti più nascosti attraverso un processo poetico e giocoso che si addentra nella sfera della fantasia e dell’immaginazione. Interrogandosi su tematiche quali il dialogo e la narrazione, Marisaldi indaga le possibilità di riflessione individuale e collettiva all’interno dello spazio espositivo, rapportandosi con esso in maniera sempre puntuale e raffinata e dando vita a originali e suggestivi percorsi di trasformazione. Un linguaggio e una figurazione al loro interno coerenti, che nella mostra siamo continuamente chiamati a decifrare, ci trasportano in dimensioni “altre”, dove tutto può succedere e dove tutto rimane sospeso, in cui l’artista pare mettere alla prova la diversità del funzionamento della mente e la complessità della comunicazione, senza tralasciare però un’imprescindibile componente ludica con cui lo spettatore è invitato a confrontarsi.

Partendo da questa attitudine la mostra aprirà con una nuova versione dell’opera “Welcome” (2018): tre nastri da ginnastica ritmica azionati da bracci meccanici daranno il benvenuto ai visitatori del PAC, i quali saranno poi invitati a salire a bordo della “Nastronave” (2018) una piccola e colorata stanza da proiezione con una serie di estratti video che raccontano diversi anni di lavoro dell’artista, il tutto accompagnato da un rumoroso sottofondo di locuste. Il fascino e l’attenzione per i suoni – naturali o riprodotti con strumenti – sono presenti anche in altre opere, come il video “Musica per camaleonti” (2003) girato in Madagascar, dove si trova la più alta concentrazione di camaleonti di tutto il pianeta e il video “Porto fuori” (2007), che segue il percorso di una piccola macchina acustica traballante lungo il molo Zaccagnini di Ravenna. Entrambi i lavori – come molti altri della produzione di Marisaldi – sono realizzati con la collaborazione e la consulenza tecnica di Enrico Serotti, musicista e compositore, con cui Marisaldi ha avviato un tipo di lavoro dialogico. Il suono è anche quello evocato dai due cucchiai sospesi su fili come marionette che duellano tra loro nell’opera “Senza titolo” (2018), dedicata ad Antonio Gramsci e ai suoi “Quaderni del carcere” (1929) o quello riprodotto dalla carta che risuona grazie a un complesso dispositivo inserito in “Untitled” (2018), che mixa contemporaneamente quattro dischi 45 giri. “Surround” (2018), invece, è una specie di piccolo ponte sospeso che produce un’onda ciclica che si propaga per tutta la sua lunghezza per poi rimbalzare indietro, lentamente scemare, e ripartire.

Interessante come questi lavori sonori di Marisaldi possano entrare in relazione con i “Sette Savi” di Fausto Melotti, che abitano il giardino del PAC, attraverso il concetto di modulazione, l’idea del tema e delle variazioni musicali reso dall’alternanza di pieni e vuoti e dei volumi positivi e negativi creati dal grande artista italiano appassionato e studioso di musica. Nell’installazione “3000 pagine” (2018) il sonoro è trasmesso da quattro pannelli di cartone e dodici sgabelli in legno e tessuto. L’idea di questo nuovo lavoro è nata dalla lettura di un articolo sull’Assemblea nazionale del popolo in Cina, la sessione annuale del Parlamento cinese a Pechino, durante la quale i tremila delegati delle province del paese seguono il discorso del Presidente in un religioso silenzio, interrotto solo dal rumore delle pagine di un testo messo a loro disposizione che vengono girate simultaneamente.

Altre narrazioni sono quelle dedicate ad Asja Lacis (“Per Asja Lacis”, 2016) la regista lettone di Riga, compagna del drammaturgo Bernhard Reich, assistente di Brecht, fondatrice dopo la Rivoluzione d’Ottobre del teatro per ragazzi emarginati e a Leni Riefenstahl (“Gestein-Gestalt”, 2012). Da una base concettuale volutamente aperta, il lavoro di Marisaldi non segue una logica lineare, ma propone formazioni plastiche che evocano assenza e mistero in uno sforzo volontario di incontrare e liberare emozioni nascoste. Questo trasporto ipotetico, metaforico, eccezionale nei mondi creati ed evocati da Eva Marisaldi si chiude idealmente con un viaggio lungo il fiume Ulanga che sfocia nel lago Vittoria, uno dei grandi laghi dell’Africa (“Along”, 2018): si tratta di fotogrammi ridisegnati dall’artista ed estrapolati dal film “La regina d’Africa” (diretto da John Huston nel 1951 e tratto dal romanzo omonimo di Cecil S. Forester del 1935) che filtrano e trasformano le suggestioni dei visitatori in un azzurro e lineare orizzonte, dove sembra sentir risuonare la sentenza definitiva che chiude sia il libro sia film: “se abbiano o meno vissuto felicemente, è difficile a dirsi”.

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