Firenze rende omaggio a Nino Tirinnanzi, uno degli artisti più significativi del secondo Novecento

05 Mag 2015 Stampa

Firenze – Il 10 maggio nelle sale dell’Andito degli Angiolini della Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, si apre la mostra Nino Tirinnanzi Metafisica della Bellezza, curata da Giovanni Faccenda. L’esposizione, a sette mesi di distanza dalla grande rassegna tenutasi al Chiostro del Bramante di Roma, ordina quaranta opere del Maestro, fra capolavori noti, ritrovamenti recenti e alcuni significativi inediti, che consentono di riconsiderare la complessa figura di Tirinnanzi sotto una luce nuova: non più l’allievo prediletto di Rosai, come è stato spesso, ma erroneamente, definito in passato, bensì un artista originalissimo, “esclusivo e geniale, al punto da diventare anomalo in qualunque ambito lo si collochi”, come scrive Faccenda nel bel saggio che apre il primo volume del Catalogo Generale delle Opere di Nino Tirinnanzi (Editoriale Giorgio Mondadori), in uscita in tutte le librerie in coincidenza dell’inaugurazione della grande rassegna presso Palazzo Pitti.

La mostra rivisita l’intero arco cronologico della pittura di Nino Tirinnanzi, artista nato a Greve nel 1923. Sostenuto da Domenico Giuliotti, suo padrino, e da Rosai, che rimase incantato al cospetto di alcuni disegni da lui realizzati a soli undici anni, entrò a far parte dell’ambiente delle Giubbe Rosse come un enfant-prodige: Palazzeschi, fra gli altri, riconobbe in lui “una sensazione nuova di pittura”. Sin da ragazzo palesò le sue predilezioni per la pittura di Carrà e di Morandi, vivissima nei suoi paesaggi, per Chardin, cui si richiamano le sue nature morte, e per i grandi maestri rinascimentali e manieristi, evocati invece nei suoi straordinari ritratti. E con la Biennale di Venezia e la Quadriennale di Roma, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, fu consacrato come uno dei protagonisti di maggior interesse della sua generazione.

L’esposizione fiorentina approfondisce tutti gli ambiti che hanno contraddistinto il suo lavoro – dagli amati paesaggi del Chianti, agli interni urbani fiorentini e romani, dalle splendide nature morte (composte d’estate nella sua residenza in Versilia) ai ritratti, tanto amati da Eugenio Montale. In un suo soggiorno in Marocco, nei primissimi anni Settanta, ritrasse una serie di ragazzi maghrebini, immersi nei colori e nella luce del luogo che tanto lo avevano colpito, dei quali Montale ebbe a dire: “E’ piuttosto raro che un pittore d’oggi faccia riflettere sulla condizione umana; e che lo faccia senza sollecitare deduzioni sedicenti sociali o sociologiche. Il pensiero di Tirinnanzi è tutto nel suo disegno e nei suoi colori”.  Altro aspetto peculiare dell’esposizione è l’approfondimento dei vari orizzonti sentimentali in cui ebbe a manifestarsi l’indomita disposizione verso la “metafisica della bellezza” che animò Nino Tirinnanzi in ogni frangente della sua storia espressiva, costellata dall’ammirazione di famosi poeti, come Ungaretti, Luzi, Betocchi, Pasolini e lo stesso Montale, e di illustri scrittori e intellettuali, quali Gadda, Tobino, Bo, Pratolini, Palazzeschi, Zurlini e Zeffirelli.

 

Arte, Mostre in corso, Società, Top news