Le “Confluenze” di Andrea Santarlasci nella Chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa

19 Apr 2018 Stampa

Dal 21 aprile al 24 maggio 2018 la Chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa ospita la mostra di Andrea Santarlasci Confluenze, curata da Ludovico Pratesi, costituita da due installazioni inedite: “Dove ciò che scompare si manifesta” 2018 e “Senza titolo (declivio)” 2018. Promossa dal Comune di Pisa in collaborazione con l’Università degli Studi di Pisa e l’Associazione SpazioTempo di Michela Rizzo, con il supporto della Galleria Collicaligreggi e di Atlante Servizi Culturali, l’esposizione è la quarta di una serie di interventi site specific di artisti nazionali e internazionali realizzati all’interno della chiesa. Nella ricerca di Andrea Santarlasci un momento prioritario riguarda un’approfondita meditazione sul tema del luogo e sulle relazioni tra l’uomo e il suo ambiente. In questa occasione Santarlasci ha elaborato un progetto ideato in stretta relazione con l’architettura, ma anche con il suo ambiente circostante, sia storico che naturale. Questo intervento induce a riflettere sulle possibilità della memoria e dell’immaginazione, capaci di sovrapporre e intrecciare simultaneamente tempi e spazi diversi.

La chiesa è situata sull’argine, in prossimità della riva dell’Arno. Recenti studi ipotizzano che un ramo dell’antico fiume Auser – l’attuale Serchio – probabilmente ripercorresse il tracciato di Via Santa Maria, la strada che si immette sul Lungarno antistante alla chiesa. “L’architettura, con tutti i suoi riferimenti anche religiosi e spirituali, il fiume con la sua dimensione contemplativa immanente e trascendente insieme, il luogo scomparso della confluenza dell’Auser nell’Arno, con la sua suscettibile rievocazione, possono suggerire, e far intravedere un’immagine….. Ho tentato di rintracciare un filo conduttore che ci porta a quei temi sottostanti, a quei motivi, della perdita e della persistenza, del vuoto e della rammemorazione, che accomunano la chiesa e il suo contesto….. suggestioni che si aprono in una trama di molteplici rimandi, talvolta enigmatici e misteriosi.” spiega l’artista. Nell’installazione intitolata “Dove ciò che scompare si manifesta” 2018, l’artista evoca l’antica confluenza del fiume Auser, attraverso una scritta al neon che riporta un frammento del filosofo greco Eraclito – Negli stessi fiumi entriamo e non entriamo, siamo e non siamo – dove alcune lettere depotenziate fanno comparire il nome Auser.  “E proprio nel punto dove si può scorgere un vuoto, ciò che è scomparso può far intravedere la sua presenza. Un’oscillazione tra mancanza e persistenza, una relazione, un cortocircuito tra ciò che è scomparso e ciò che incessantemente non smette di riaffiorare” aggiunge Santarlasci.

La seconda opera, “Senza titolo (declivio)” 2018 è un tronco lungo nove metri, recuperato sulle spiagge alla foce dell’Arno, appoggiato a terra in una posizione obliqua e in bilico su alcune scale, quasi a rievocare una deposizione, una caduta, una perdita o la morte stessa. “All’interno di una metafora della natura, che si presenta nella sua realtà materica, credo che il mio intervento possa aprirsi, attraverso una trasposizione, anche a tutto il pathos umano…. La morte potrebbe essere quell’enigma, quel mistero che inevitabilmente ci rinvia alla vita, ma la vita con i suoi segni ineffabili ma profondi, con la sua caducità, non cessa di rinviarci a quell’enigma, a quel mistero che chiamiamo morte, che ci accompagna sotterraneamente in tutta la nostra esistenza” conclude l’artista. “L’intervento di Santarlasci rispetta la sua ricerca, densa di contenuti filosofici – scrive Ludovico Pratesi – che coniuga spesso elementi provenienti da arredi domestici con reperti naturali, per creare uno spiazzamento tra materiali diversi, in grado di produrre quel rinnovamento dello sguardo, ma anche dell’esperienza percettiva tangibile che rientra tra gli scopi principali dell’arte.”

 

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